Vinophila 3D Wine Expo - L' Expo per Vino, Birra e Bevande Alcoliche

ultimi articoli

Huston, abbiamo un problema: il gusto.

Lorenzo Biscontin

La pulce nell’orecchio me l’ha messa il novembre scorso alla Wine Future Conference Francisco Campo, Master of Wine ed organizzatore della conferenza, quando mi ha detto che i suoi figli bevevano poco vino perché “non gli piaceva”. E questo malgrado avessero a disposizione vini di ottima qualità.

Poi ho visto un grafico pubblicato dall’American Association of Wine Economist che mostrava come il forte calo di consumi di vino in Francia dal 1994 al 2022 in GDO (che vale circa il 70% del mercato) fosse dovuto interamente alla riduzione del consumo di vini rossi.

Un paio di mesi fa ho visto come ad una degustazione guidata di Jerez (o sherry se preferite) molti bicchieri rimanessero mezzi pieni, un sorso per assaggiarlo e basta.

Un mese fa mi sono occupato del caso “Stella Rosa”, il marchio di vini italiani a basso contenuto alcolico sviluppato dalla cantina americana San Antonio Winery di proprietà della famiglia Riboli (chiara l’origine italiana) e che è diventato il vino più importato negli USA. In un’intervista Steve Riboli, Presidente e Amministratore Delegato della cantina, sottolineava come il successo di Stella Rosa fosse dovuto più al gusto dei vini, (tendenzialmente dolci, abboccati ed anche aromatizzati) che al basso contenuto alcolico.

Ho cominciato a collegare i puntini e chiedermi se il calo di consumo di vino a cui si sta assistendo in tutti i principali mercati non fosse legato anche al gusto.

L’altro giorno ho trovato l’articolo “The Wine Crisis: Why Are Younger Generations Drinking Less Wine?pubblicato da Warner Boin Dowlearn sul suo sito Confidence Uncorked ed ho avuta la risposta (piuttosto definitiva).

Nell’articolo Warner riporta l’analisi delle oltre 34.000 risposte al video sul suo profilo di Tik Tok che chiedeva a Millennials e Gen Z,  la ragione per cui non stavano bevendo vino.

  1. Le risposte riconducibili ad aspetti di gusto del vino e/o alla preferenza di altri prodotti sono la maggioranza, con il 31%. Birre artigianali e non, cocktail, hard seltzers, sidro e marijuna sono alternative preferite dalle persone rispetto al vino. Detto in altri termini (di marketing) i servizi (benefits) derivanti dalla fruizione di birre artigianali e non, cocktail, hard seltzers, sidro e marijuna soddisfano i desideri di queste persone meglio di quanto non faccia il vino.
  • Un altro 30% dice di non consumare vino per ragioni legate a mal di testa e sensazioni di ubriachezza.
  • Il 20% afferma di non bere vino per le più varie ragioni di salute. Chi considera il vino “veleno”, chi nota sensazioni di malessere dopo avere bevuto un paio di bicchieri, allergie ai componenti del vino, interazioni negative con l’assunzione di medicine (il 48,6% degli statunitensi assume mensilmente medicinali con ricetta), paura di cadere nell’alcolismo, disinformazione rispetto ai componenti e valori nutrizionali del vino.
  • L’11% collega il mancato consumo di vino alle preoccupazioni sociali ed al cambiamento generazionale dell’atteggiamento nei confronti dell’alcol, per cui essere astemi è considerato più normale che in passato.
  • Infine l’8% delle risposte riporta a questioni economiche: ridotta capacità di spesa ed aumento dell’inflazione (vino compreso).

Quindi le prime ragioni di non consumo sono legate alle caratteristiche del prodotto: gusto, contenuto alcolico ed additivi.

Col senno di poi non era difficile da immaginare visto che alla fin fine si tratta di un prodotto alimentare (nel senso che lo ingeriamo). Allo stesso tempo era impossibile per il settore rendersene conto, considerato che chi lavora nel vino è anche, quasi sempre, un appassionato a cui il vino piace per definizione.

Tanti anni passati a parlare di storytelling, svecchiare la comunicazione, renderla meno snob e poi alla fine ci ritroviamo a confrontarci col gusto del prodotto.

Non che gli altri problemi non siano reali limiti all’accessibilità del vino, ed infatti si ritrovano anche nelle risposte date a Warner, ma vengono dopo rispetto al gusto.

Vero che quello del vino è un gusto appreso, però ci deve essere un modo ed un momento che spinge le persone a provare ad intraprendere il percorso. Che potrà fermarsi all’inizio, avremo comunque un consumatore di vino, oppure continuare se si trovano nuove motivazioni per esplorare il vino come categoria. La stessa Warner nel suo articolo scrive che le ci sono voluti anni prima di apprezzare i vini rossi.

Il problema è che oggi stiamo perdendo i “vini d’ingresso”. All’aumento della complessità della comunicazione è corrisposto un aumento della complessità dei vini con una marginalizzazione dei vini “facili” dal punto di vista del gusto, del contenuto alcolico e, spesso, anche del prezzo. Vini che svolgevano la funzione di avvicinare le persone alla categoria.

La questione del calo del consumo di vino adesso è più chiara. La capriola culturale richiesta per la soluzione è estremamente difficile.

NOTA METODOLOGICA

Qualcuno ha fatto notare che le risposte provengono da un campione autoselezionatosi e non casuale e rappresentativo della popolazione che si vuole analizzare. Fatto incontrovertibile, ma da questo dire che si tratta di dati poco affidabili e quindi poco rilevanti significa avere una visione eccessivamente scolastica delle ricerche di marketing.

Desidero quindi fare un approfondimento per chiarire qualsiasi dubbio sulla solidità delle informazioni raccolte da Warner.

Dall’analisi delle risposte sappiamo che la suddivisione per classi di età è: 57% Millennials, il 24% Gen X ed 17% Gen Z. Percentuali che portano a numeri assoluti di risposte che determinano un errore statistico estremamente basso.

Tanto più che la differenza delle percentuali delle diverse risposte raccolte è tale da evitare sovrapposizioni statistiche anche con errori campionari ben più ampi, a parte le due prime categorie “gusto/alternative” e “mal di testa/sensazione di ubriachezza”.

Rimane la questione della distorsione portata dal profilo e dell’atteggiamento nei confronti del vino di chi ha risposto.

Dalla letteratura della ricerca di marketing sappiamo che in questi casi di risposte spontanee, rispondono le persone più interessate, che hanno più a cuore, il tema della domanda.

Affermare che i risultati di Warner siano poco affidabili perché il campione non è casuale sottintende che chi non consuma vino per ragioni di gusto, mal di testa, sensazioni di forniscono ubriachezza è più interessato a rispondere rispetto a coloro che non lo bevono per ragioni di salute, intorno sociale e ragioni economiche. E che questo si verifichi in misura tale da sovvertire differenze pari a 10 punti percentuali.

Soprattutto va considerato che oggi il target di riferimento più interessante per il settore vinicolo sono i consumatori di altre bevande alcoliche non consumatori, o consumatori sporadici, di vino.

Questa è la “popolazione-target” e questa è esattamente quella rappresentata nelle top 31%+30% delle risposte.

Vinophila
Vinophila 3D Wine Expo - Il metaverso per Vino, Birra e Bevande Alcoliche

Latest Posts

spot_imgspot_img

Imperdibili