01 agosto 2022
(di Lorenzo Biscontin) Lo scorso 14 luglio nell’ambito della Summer School dedicata al Marketing e Innovazione dei vini del Nord-Est, organizzata a Portogruaro dal MIB di Trieste, si è tenuta un’interessante tavola rotonda su come recuperare l’interesse dei giovani consumatori nei confronti del vino. Io ho partecipato trattando il tema del Pinot Grigio e portando la testimonianza di cosa sta succedendo dentro al metaverso Vinophila. Gli spunti sono stati molti e molto interessanti e quindi è stato necessario lasciarli decantare qualche giorno prima di poter cercare di trovare una sintesi e, soprattutto, ipotizzare delle soluzioni.
Calo dell’interesse dei giovani rispetto al vino: un vecchio problema.
Le ricerche degli ultimi 2-3 anni indicano in modo sostanzialmente univoco che in tutti i principali mercati di consumo sta diminuendo la quota di consumatori di vino nelle fasce più giovani (Millennials e Gen Z più “vecchi”). Non si tratta quindi solamente di un consumo pro-capite minore (sporadico, occasionale), ma di un numero inferiore di persone che bevono vino in assoluto.
Inferiore soprattutto al numero di persone che altri tipi di bevande alcoliche classiche, come birra e liquori e distillati, ed innovative, come Ready to Drink e Hard Seltzer. E’ un elemento cruciale da tenere in considerazione perché indica che oggi la priorità del settore vinicolo rispetto ai giovani consumatori non è offrire motivazioni per aumentarne il consumo pro-capite, ma è recuperarne l’interesse per allargare la platea di chi beve vino, anche sporadicamente.
Puntare infatti sul naturale spostamento delle preferenze verso il vino al crescere dell’età è uno scenario molto rischioso partendo da una platea che si riduce di anno in anno, soprattutto nella situazione di generale diminuzione di consumo di alcolici che si sta sempre più consolidando.
Interessante notare come quello del rapporto tra il vino e le fasce di consumatori più giovani sia un problema che è stato già evidenziato ed affrontato già da metà degli anni ’90. In quel caso i giovani erano la Generazione X e, se consideriamo gli USA, solo l’8% al tempo consumava vino settimanalmente. Oggi quegli stessi consumatori hanno tra 40 e 50 anni e la quota di consumatori regolari di vino è raddoppiata al 16%. Non è dato di sapere quanto questo incremento sia stato “naturale” oppure supportato dalle attività di marketing messe in atto dall’industria del settore.
Fatto sta che queste iniziative si sono interrotte una decina di anni dopo, anche in base ai risultati di una ricerca del 2015 che attribuiva ai Millenials il 42% del consumo di vino negli U.S.A.. Dato eclatante e sorprendente perché … era sbagliato, come ha dichiarato e corretto l’Istituto di Ricerca alcuni mesi dopo la pubblicazione (https://wineindustryadvisor.com/2016/03/24/wine-market-council-stands-by-research)
Una nuova comunicazione: uscire dal modello unico dell’Esperto.
Il principale imputato dello scarso interesse dei giovani riguardo al vino è il modo in cui viene comunicato, sai come contenuti che come stile. La macchietta del sommelier di Antonio Albanese è di 15 anni fa, ne ridevamo tutti, eppure la comunicazione del vino continua ad essere in grandissima parte quella: scostante, sussiegosa e professorale.
Nel suo interessante intervento Giulio Somma, Direttore del Corriere Vinicolo, si chiedeva se il mondo del vino i giovani dovesse convincerli o seguirli. In realtà né l’uno né l’altro, ma ascoltarli per coinvolgerli. Considerando che le ricerche sul mercato USA indicano che i criteri di scelta dei giovani consumatori sono la sostenibilità e l’esperienza del momento di consumo, Somma si chiedeva anche se comunicare tutti quegli elementi di qualità intrinseca (terroir, vitigno, tecniche enologiche, annata, ecc…)
La risposta è sì, ma in modo diverso e l’esempio l’ha fornito Lorenzo Foffani con il vino “Liar” (“bugiardo” in italiano) prodotto dall’azienda di famiglia da uve merlot vinificate in bianco. Un progetto di marketing a tutto tondo dove il concetto della marca nasce dalle caratteristiche oggettive del vino e del processo, ma si declina in una proposta che va oltre la semplice descrizione tecnica di territorio, vitigno ecc…
In una parola una proposta che non si basa sulle caratteristiche del prodotto, ma sui benefit che offre a chi lo sceglie https://www.adsoftheworld.com/campaigns/a-ripe-time-for-liars
Storytelling è da anni una parola abusatissima anche nel mondo del vino, che però nella stragrande maggioranza dei casi crede di raccontare storie mentre in realtà elenca fatti.
Disintermedizione, autenticità, divertimento.
Sono i tre pilastri della società digitale, che valgono, soprattutto per i digital native, anche nel vino.
Disintermediazione significa l’abitudine ad informarsi e scegliere da soli. Significa l’entrata in crisi della figura dell’esperto in tutti gli ambiti, dalla politica al critico enologico, rispetto alle proprie cerchie di conoscenze, che possono includere anche la celebrità a cui si parlare direttamente sui social.
Autenticità significa trasparenza, correttezza e coerenza rispetto a chi si è, ai valori che ci contraddistinguono ed alle posizioni che prendiamo di conseguenza. Attenzione perché parlando di consumatori “giovani” il rischio di prendere posizioni “giovanilistiche” cercando goffamente di appropriarsi di linguaggi e tendenze è sempre dietro l’angolo nelle agenzie di comunicazione e nelle aziende. Rischio pericolosissimo perché porta a realizzare strategie palesemente finte.
Divertimento che può essere puro e semplice oppure declinarsi nelle forme più diverse: edutainment, gamification, ecc… Non è un caso se i consumatori sotto in trent’anni evitano facebook ed usano invece Tik Tok.
Prosecco e Pinot Grigio.
Durante la tavola rotonda si è parlato anche di due tipologie di vino: il Prosecco, grazie all’intervento di Luca Giavi – Direttore del Consorzio del Prosecco DOC, e del Pinot Grigio. Negli USA il Prosecco è l’unico vino che tiene nei consumi dei consumatori giovani negli USA e per il Pinot Grigio il 24,6% degli acquisti viene fatto da consumatori tra i 21 e 29 anni (fonte Statista, anno 2018).
Prosecco e Pinot Grigio hanno diverse cose in comune, oltre alla comune zona di provenienza (di diritto per il Prosecco, di fatto per il Pinot Grigio). Una è quella di essere vini poco considerati dalla critica enologica tradizionale. E se questo fosse uno dei motivi della loro popolarità? Slegati dai soliti codici di comunicazione hanno mantenuto una leggerezza, vicinanza al consumatore, autenticità, stile, che partono dal profilo del vino ed arrivano fino alla comunicazione (o viceversa, se preferite).
Attenzione questo non significa che tutti i vini, o tutto il vino, dovrebbe posizionarsi e comunicar come Prosecco e Pinot Grigio. L’adozione di un modello unico è inefficacie sia che si tratti di quello dell’Enosnob come del Socialite.
Ogni vino/cantina/territorio deve trovare e portare avanti la sua proposta originale. Molti non saranno vini adatti ad interessare i giovani consumatori e va benissimo così. L’importante è che nella varietà i giovani consumatori trovino proposte con cui potersi avvicinare al mondo del vino.
Vinophila: il metaverso.
La tavola rotonda è stata l’occasione per condividere i dati demografici dei 38.000 visitatori unici che nel solo mese di giugno hanno visitato il nostro sito (donne 51,8% – uomini 48,2%) :
18 – 24 anni: 13%
25 – 34 anni: 25%
35 – 44 anni: 24%
45 – 54 anni: 19%
55 – 64 anni: 13%
oltre 65 anni: 6%
Il metaverso conferma quindi le aspettative di essere un media ideale per parlare anche ai consumatori di vino delle fasce più giovani. Però se si vuole che il messaggio arrivi, il media da solo non basta: vanno aggiornati forma e contenuti. Segnaliamo che i video integrali della tavola rotonda del 14 luglio sono disponibili nella sala on-demand del metaverso Vinophila.