Come ogni anno in questo periodo ProWein ha pubblicato il business report realizzato dall’Università di Geisenheim intervistando oltre 2.000 operatori del settore vitivinicolo nei principali paesi di produzione e consumo di vino. Per comprendere meglio i risultati dell’analisi va ricordato che nel campione di operatori intervistato ci sono produttori, importatori, distributori, albergatori e ristoratori.
Lo studio è suddiviso in 5 capitoli che partono dall’inquadramento generale delle aspettative del settore e man mano approfondiscono gli aspetti più rilevanti.
- L’umore generale del settore
Le principali minacce affrontate nel 2023 sono state l’incremento dei costi (in misura minore però rispetto al 2022) e la recessione economica globale. Seguono il calo dei consumi, la bassa redditività ed il cambio climatico, tutte cresciute rispetto al 2022.
Per rispondere a queste sfide le aziende del settore hanno messo in atto sia azioni focalizzate sulla redditività che azioni rivolte al fatturato. Nel primo caso la più importante è stata la riduzione dei costi, seguita dal delisting di prodotti a bassa redditività per gli operatori del trade. Dal lato del fatturato le azioni principali sono state aumentare i prezzi di vendita, adattare l’assortimento alle tendenze del mercato, rafforzare le attività di marketing e vendite, aprire nuovi mercati e lanciare nuovi prodotti innovativi.
Malgrado questo nel 2023 la redditività rispetto al 2022 è calata per il 54% delle aziende del trade e per il 60% delle cantine.
Per il 2024 le aspettative sono leggermente positive, con più ottimismo da parte del trade rispetto alle cantine.
- Le tendenze dei segmenti di prezzo.
Gli operatori del trade hanno osservato nel 2023 un aumento delle vendite di vino nella fascia bassa, una riduzione nella fascia media ed una forte riduzione nella fascia premium.
Si tratta di uno scenario diverso da quello riscontrato dai produttori, infatti il numero di cantine che ha rilevato una crescita delle vendite di vini di fascia bassa è lo stesso di quelle che hanno osservato un calo. La valutazione per i vini di fascia media invece è la medesima per trade e cantine, mentre nella fascia premium il calo osservato dalle cantine è inferiore da quanto dichiarato dal trade.
Va comunque sottolineato come questa rilevazione non consideri i volumi venduti, ma il numero di operatori che ha osservato una variazione per i diversi livelli di prezzo. Questo potrebbe spiegare la contraddizione con la crescita delle vendite nella fascia premium e superpremium che si riscontra da parte delle diverse rilevazioni in tutti i principali mercati di consumo.
Riguardo alle aspettative per i prossimi anni, il trade continua a puntare sulla fascia di prezzo più bassa, mentre le cantine si aspettano vendite crescenti sia per questa fascia che per quella premium.
- Le ragioni per il calo dei consumi vino.
La principale ragione per la riduzione dei consumi di vino citata dagli operatori coinvolti nella ricerca è stata la riduzione del reddito dei consumatori, seguita dalla tendenza verso stili di vita più salutari ed infine il cambiamento di preferenze da parte dei consumatori che preferiscono altre tipologie di bevande alcoliche.
Interessante notare come si differenzino le risposte degli operatori del trade per i diversi paesi. In Germania la diminuzione del reddito viene indicata dal 75% degli intervistati contro solo il 21% che indica un cambio nelle preferenze del consumatore. Viceversa in Usa e Canada quest’ultima è indicata dal 64% degli operatori contro il 56% che indica la diminuzione di reddito disponibile.
Per quanto riguarda la scelta di stili di vita più salutari la percentuale di risposte si aggira intorno al 65%, con il massimo in Austria (83%) ed il minimo in Scandinavia (52%).
Anche in questo caso le risposte degli operatori differiscono parzialmente da quelle di numerose ricerche condotte sui consumatori in diversi paesi, che indicano una sostanziale differenza nelle preferenze di bevande alcoliche tra i consumatori più anziani, dove il vino è la bevanda alcolica prevalente, e quelli più giovani, che preferiscono birra, hardseltzer e cocktails.
Sopravvalutare l’effetto del reddito potrebbe risultare pericoloso, perché l’effetto sui consumi di vino di un recupero del potere d’acquisto del consumatore porterebbe ad un recupero dei consumi inferiore alle attese.
- Come riportare l’equilibrio tra domanda ed offerta di vino?
La grandissima maggioranza delle cantine è convinta che sul mercato ci sia uno squilibrio dovuto all’eccesso di offerta.
La metà dei produttori è convinto della necessità del supporto pubblico per finanziare l’espianto dei vigneti.
In termini di sostegno della domanda l’azione principale indicata dalle cantine è quella di rivolgersi meglio ai giovani consumatori (45%) seguita dalla riduzione dei costi e quindi dei prezzi di vendita (19%) e solo il 16% ritiene che il bilanciamento del mercato si possa raggiungere aumentando gli investimenti di marketing (il che pone la domanda di come le cantine intendano raggiungere meglio i giovani consumatori senza aumentare gli investimenti di marketing).
Anche qui si notano differenze tra i produttori dei diversi paesi con meno della metà dei produttori francesi che considerano squilibrato il mercato del vino, contro l’81% dei tedeschi ed il 78% delle cantine del nuovo mondo.
In Italia solo il 45% dei produttori ritiene che lo sbilanciamento del mercato vada risolto riducendo l’offerta e solo il 36% ritiene necessario l’intervento pubblico per l’estirpo dei vigneti. Si tratta dei dati più bassi di tutto il campione.
Francia, Italia e Spagna sono i paesi dove i produttori vedono più importante il coinvolgimento delle giovani generazioni per recuperare i consumi (oltre il 60%) e Francia ed Italia sono anche i principali sostenitori della riduzione dei costi per poter ridurre i prezzi di vendita (35%). Solo il 9% delle cantine italiane, contro il 36% di quelle francesi, ritiene che l’aumento delle spese di marketing possa far aumentare la domanda per ribilanciare il mercato.
- Il futuro del marketing del vino.
Cantine e trade concordano che le altre tipologie di bevande alcoliche raggiungono meglio i giovani consumatori e che per raggiungere questi consumatori il vino debba essere più semplice da capire. Differiscono invece sulla necessità per il settore di essere più redditizio per comunicare al mercato son maggior efficacia: concordano il 70% delle cantine, ma solo il 45% del trade.
Conseguente a questa risposta la diversa opinione sulla maggiore capacità delle altre bevande alcoliche di poter sostenere estese attività di marketing rispetto al vino: 61% dei produttori contro il 45% del trade. Da sottolineare anche come il 39% delle cantine ed il 33% del trade ritenga che proporre il vino con un posizionamento più premium ed esclusivo possa far aumentare le vendite.