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LA VITICULTURA DI MONTAGNA SECONDO ALBINO ARMANI.

La montagna è parte del DNA da cui nasce, oltre quattrocento anni fa, la storia di Albino Armani – Viticoltori dal 1607.

Lo dimostra il fatto che quando in anni più recenti, parliamo della metà del secolo scorso, l’azienda si espande in altri territorio lo fa sempre in zone di montagna ed alta collina, nella Valdadige Veronese prima e nelle grave friulane poi.

Caratteristica personale di Albino Armani è quella di fare da catalizzatore di esperienze ed interessi per riunire realtà diverse sotto un obiettivo comune di crescita e sviluppo di un territorio. Lo dimostra il suo ruolo come Presidente del Consorzio Vini DOC delle Venezie, che copre tre regioni, dalla provincia di Trento a quella di Trieste, dalle Alpi al mare, ed a cui aderiscono 150 cantine produttrici.

Da questi presupposti è nato il nato il progetto di un convegno in cui discutere ad approfondire la situazione e le prospettive della viticoltura sul versante trentino del Monte Baldo, che si è tenuto a Brentonico lo scorso 11 ottobre.

Per gli aspetti tecnici sono intervenuti Attilio Scienza – professore, autore e promotore del mondo viticolo, Andrea Faustini – enologo, coordinatore e responsabile scientifico del team agronomico di Cavit, Duilio Porro – Centro Trasferimento Tecnologico della F.E.M..

Le opportunità per lo sviluppo della viticoltura sul Monte Baldo derivano innanzitutto dal riscaldamento globale che sta spostando verso l’alto la coltivazione della vite per ritrovare le condizioni climatiche prima presenti in pianura o bassa collina.

Questo aspetto generale va declinato però nelle specificità del territorio dal punto di vista geologico o morfologico che determina l’effetto dolina tipico delle valli trentine, per cui si verifica un’inversione termica con temperature più basse sul fondovalle rispetto alle quote più elevate.

Il confronto con la viticultura della Valle di Cavedine e con la Val di Cembra ha mostrato numerose analogie per altimetria, clima, vitigni coltivati e maturazione dell’uva.

L’importanza della zonazione è stata evidenziata dall’analisi geologica dei suoli del Monte Baldo in cui si ritrovano rocce sedimentarie, con la presenza di calcare, dolomia, scaglia rossa e basalto e suolo di matrice vulcanica solamente nella zona di Crosano.

Queste analisi hanno dimostrato come il Monte Baldo sia vocato soprattutto per la produzione di uve destinate alla produzione di spumanti.

Non meno importante degli aspetti tecnici sono quelli socioeconomici. Su questi temi sono intervenuti Albino Armani, Alessandro De Bertolini – della Fondazione Museo Storico del Trentino, Gianluca Telloli – responsabile Ricerca e Sviluppo di Proposta Vini, e Michael Hock, enologo della Cantina St. Jodern Kellerei, in collegamento dalla regione vinicola del Vallese (Svizzera).

Si è evidenziato come da sempre l’ambiente naturale sia diventato paesaggio culturale grazie all’azione dell’uomo, in special modo del contadino, e come quindi l’attività agricola non vada vista con timore rispetto alla conservazione del territorio, ma come anzi lo tuteli rispetto all’abbandono.

Testimonianza viva di questo circolo virtuoso è l’esperienza del Vallese dove l’integrazione sana, equilibrata e sostenibile tra viticoltura e paesaggio si basa sul mantenimento delle pratiche agricole storiche e di piccoli frazionamenti che rendono più complesso il lavoro in vigneto, ma permettono di valorizzare meglio il prodotto finale. Da qui la corretta remunerazione del lavoro dei viticoltori ed il mantenimento di una sana economia locale.

Il convegno si è concluso con una tavola rotonda a cui hanno partecipato tutte le aziende vinicole attive nel territorio del Monte Baldo trentino: Albino Armani, Elisabetta Foradori, Giacomo Antonini di Sondelaite, Luca Cavallaro in qualità di Direttore Ufficio Tecnico Viticolo di Ferrari Trento e infine Paolo Endrici di Cantina Endrizzi.

La discussione ha portato a convergere sull’obiettivo comune di sviluppare il potenziale viticolo e multivarietale del Baldo per valorizzarlo con nuove modalità coinvolgendo attivamente gli abitanti, le aziende, le amministrazioni e gli enti dell’areale dell’altopiano di Brentonico. Gli effetti del cambiamento climatico creano le condizioni per cui la montagna può far bene alla viticultura, ma anche la viticultura può far bene alla montagna.

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