Lorenzo Biscontin
L’altro giorno ho letto l’intervista che Clemens Gerke ha fatto a Lamberto Frescobaldi, pubblicata su Meiniger’s International e sono rimasto particolarmente colpito dall’ultima parte dell’ultima risposta dell’intervista:
“The origin of the wine is of utmost importance. The connection between the vineyards, the people distributing it, and the market out there must be in harmony. I hope that no one dares to drink the same wine every day of their life, for that would be very sad. Let’s stay curious.”
Ovvero, tradotto liberamente, “L’origine del vino è della massima importanza. La connessione tra i vigneti, le persone che li distribuiscono e il mercato deve essere in armonia. Spero che nessuno osi bere lo stesso vino ogni giorno della propria vita, perché sarebbe molto triste. Rimaniamo curiosi.“
Mi ha colpito perché mi ha fatto vedere con chiarezza la principale specificità che caratterizza il consumo di vino rispetto agli altri prodotti alimentari (e anche non alimentari). Specificità che però viene quasi sempre dimenticata o tralasciata nello sviluppo e realizzazione delle strategie delle cantine.
Questa specificità potremmo definirla come “infedeltà intrinseca del consumatore alla marca”.
La debolezza delle marche nel settore vinicolo è un problema noto e ne ha recentemente ben parlato Robert Joseph nel suo articolo “The Value of a Brand” .
Se osserviamo quello che accade negli altri settori del cibo e bevande notiamo come ognuno di noi abbia una propria marca preferita a cui è sostanzialmente fedele. Vale sia per prodotti a bassa frequenza di consumo, come possono essere liquori e distillati, sia per quelli di consumo frequente, come possono essere, caffè, pasta, patatine fritte, ecc…
Una volta che ho trovato la marca di caffè che preferisco, per tutti i motivi tangibili e intangibili che associo, bevo sempre quella tutti i giorni. Non la cambio a seconda della stagione, dei piatti che ho mangiato, ecc… Anzi l’abitudine delle persone ad un determinato gusto diventa una barriera tangibile al cambiamento verso marche concorrenti. E’ il gusto che mi piace perché è quello a cui sono abituato.
Può succedere che le strategie di marketing delle diverse marche, la mia preferita e le concorrenti, mi portino a provarne altre che promettono di essere (per me) migliori. Se queste promesse vengono mantenute magari cambio di marca preferita, ma con la nuova marca ritorno nello stesso comportamento di fedeltà di base descritto prima.
Tutta la teoria e la pratica del branding è basata su questo concetto: conquistare la fedeltà del consumatore attraverso la costruzione ed il mantenimento di una marca riconoscibile e rilevante per lui, perché attraverso questa fedeltà aumento il valore della mia marca.
Quando si mettono in atto azioni di rottura delle fedeltà delle marche concorrenti, ad esempio promozioni di prezzo, lo scopo è quello di far provare ai consumatori la mia marca con l’obiettivo finale di fidelizzarli in modo che da quel momento in avanti diventi la loro marca preferita.
In un certo senso è quindi logico che questo approccio sia utilizzato praticamente da tutte le cantine.
Però il comportamento del consumatore nei confronti del prodotto vino è intrinsecamente contrario a questo modello, che vale invece per tutti gli altri (probabilmente perché nella categoria “vino” comprende prodotti estremamente eterogenei per profilo sensoriale, storia, territorio, valori e quindi è tutt’altro che univoca).
Anche i consumatori esperti che conoscono le diverse marche / cantine e sicuramente hanno le lore preferite, sono sempre disposti, curiosi, di provare, scoprire, un nuovo vino.
Per quelli meno esperti, la marca rappresenta una garanzia, ma comunque la fedeltà si esprimerà solamente in certi momenti di consumo e non in altri.
Prendere coscienza di questo diverso approccio alla categoria “vino” da parte del consumatore ha un’importante implicazione operativa: sviluppare strategie di marketing (della quali, ricordo, fa parte anche il prodotto) che puntano a sviluppare una fedeltà assoluta alla marca rischia di portare allo sviluppo di strategie inefficaci perché poco rilevanti per le nostre audiences. Poco rilevanti perché disallineate con la loro lettura del mercato e quindi con il loro comportamento di acquisto e consumo.
In altri termini il classico obiettivo della fedeltà assoluta nel vino è impossibile da raggiungere. Quel che è peggio è che distoglie dall’obiettivo raggiungibile, ed auspicabile, di una fedeltà relativa, ovvero legata a determinati contesti, momenti, situazioni.
Grazie Lamberto Frescobaldi, da oggi per me il nuovo Steve Jobs.