Una carezza ricevuta da una mano gentile, guantata con un guanto di seta.
Questa è l’impressione che ho avuto partecipando alla degustazione di 8 Lugana DOC che la sommelier Chiara Giovoni ha condotto alla prima edizione di Wine in Venice lo scorso 30 gennaio.
La carezza per la ricca morbidezza che si ritrovava in tutti i vini, il guanto di seta per la freschezza altrettanto condivisa che li sosteneva.
Morbidezza e freschezza ovviamente più o meno spiccate a seconda dell’età dei vini, della posizione dei vigneti e, troppo spesso sottovalutata, della “mano” del produttore.
C’è stata poi un’altra sensazione, più organolettica se volete, che mi accompagnato in tutti i vini sia nei profumi che nei sapori: una nota di uva fragola / fragolina di bosco / mandarino maturo che si ritrovava alla base di ogni assaggio (ho elencato i descrittori che sono stati usati per identificarla, sembrano diversi, ma se ci pensate bene raccontano lo aroma).
Anche in questo caso l’intensità variava da vino a vino ed in un primo momento ho creduto che dipendesse essenzialmente dalla posizione dei vigneti.
Il Lugana DOC infatti si produce in 5 comuni a sud del lago di Garda (1 in provincia di Verona e 4 in provincia di Brescia) con un territorio che parte dalle sponde del lago e sale fino alle colline moreniche. “Colline moreniche” è una di quelle cose che tutti ci ricordiamo dai tempi della scuola, sarà perché ci colpisce il fatto che sono il risultato del ritiro di un ghiacciaio.
Però chiacchierando poi con un produttore, mi ha detto che la nota di fragolina di bosco è connaturata all’uva turbiana con cui si produce il Lugana DOC e si ritrova più o meno evidente nei vini a seconda della posizione del vigneto e della “mano” del produttore.
Gira che ti rigira si torna sempre al concetto, sempre un po’ sfumato, di terroir definito dall’integrazione di terreno, clima e pratiche umane.
Detto in sintesi, i vini Lugana DOC condividono un supporto tannico che ricorda quelli di uve rosse vinificate in bianco.
Trattandosi di una DOC è normale, direi quasi doveroso, che si ritrovino aspetti in comune ma è altrettanto naturale che le cantine ed i vini esprimano una loro individualità.
Vediamo quindi i vini in degustazione.
Marangona, Lugana DOC 2021 biologico.
Al naso si sente ricco ed ampio, profumi balsamici (alloro, menta, salvia), agrumati, leggermente di mandorla, sul fondo rimane la fragolina di bosco.
Al palato si nota la sapidità e si ritrovano le sensazioni olfattive.
Mi ha colpito l’equilibrio tra la morbidezza e la freschezza.
Famiglia Olivini, Lugana DOC 2021.
Al naso si sente più “stretto” e teso, prevalgono gli aromi floreali di zagara e gelsomino su quelli agrumati. Sul fondo io ci ho sentito un leggero profumo di affumicato e, che ci crediate o no, una nota di tartufo.
Al palato spicca subito la freschezza data dall’acidità, che si ammorbidisce lungo il sorso (parte del vino fa la fermentazione malolattica. I sentori sono più agrumati e, leggermente, di frutti rossi.
Mi ha colpito la lunghezza delle sensazioni che lascia in bocca.
Zamichele, Lugana DOC 2021
Al naso prevalgono gli aromi floreali di gelsomino e caprifoglio, su una base di fragoline di bosco e leggerissima affumicatura.
Al palato si sente leggero con note di frutti tropicali (ananas) ed agrumi dolci (per capirci più arancia che pompelmo). Leggermente ammandorlato nel finale
Mi ha colpito la freschezza, direi quasi soavità.
Montonale, “Orestilla”, Lugana DOC 2020
Al naso si sentono profumi di mandarino, ananas, leggera pesca e sensazioni di pietra focaia.
Al palato il mandarino e soprattutto la pesca gialla percepiti prima risultano ancora più evidenti a si aggiungono note sapide e minerali.
Mi ha colpito la lunghezza, larghezza e profondità che esprime al palato.
Colli VaiBò, “Gemma”, Lugana DOC Riserva 2020
Al naso si ritrova l’arancia matura, la frutta esotica, un leggero zafferano.
Al palato la prima sensazione è di freschezza e di mela matura a cui seguono poi le note agrumate e quelle sapide/minerali.
Mi ha colpito la precisione e la lunghezza delle sensazioni aromatiche.
Feliciana, “Sergè”, Lugana DOC Riserva 2019
Al naso si susseguono gli aromi di mandarino, spezie e fragolina di bosco sul fondo.
Al palato si ritrovano gli agrumi che però virano più verso arancia amara e pompelmo e la sapidità delle spezie.
Mi ha colpito il corpo e la sensazione di pienezza che lascia dopo il sorso.
Le Morette, Lugana DOC Riserva 2019
Al naso si notano prima il gelsomino e l’acacia, poi leggeri aromi tropicali.
Al palato le sensazioni olfattive si fanno più intense con il miele d’acacia, agrumi (limone candito), mango e maracuja. La sapidità e la freschezza di base apportano equilibrio e lunghezza al sorso.
Mi ha colpito l’ampiezza e l’equilibrio delle sensazioni che si susseguono.
Corte Sermana, “Sermana”, Lugana DOC Riserva 2017
Al naso immediatamente si notano i profumi di fieno poi arrivano il caprifoglio, la maggiorana, il pepe, e la frutta candita.
Al palato si ritrova l’ampia complessità percepita al naso, accompagnata da una grande freschezza e grande sapidità.
Mi ha colpito la vivacità della complessità aromatica, sorprendente in un vino bianco che ha più di 5 anni.
Concludo con una considerazione ed un consiglio.
La considerazione è che spero che si diffonda la proposta di vini bianchi invecchiati. Questa degustazione ha dimostrato una volta di più come molte denominazioni italiane siano in grado di produrre vini bianchi che con il tempo sviluppano profili sensoriali estremamente interessanti e per niente “stanchi”. Secondo me il limite al consumo di questi vini oggi sta prima di tutto nella pigrizia di non proporli, piuttosto che nell’atteggiamento dei consumatori. Sono convinto tante persone sarebbero curiose e ben felici di scoprirli.
Il consiglio invece è quello di provare anche i Lugana DOC spumante. Nella degustazione guidata non erano presenti, quindi mi sono concentrato su questi negli assaggi libero dei produttori presenti e vi assicuro che ne vale assolutamente la pena.