31 gennaio 2022
(di Redazione) Venezia deve tornare capitale, quanto meno della Malvasia: un vino che senza il Leone marciano oggi non sarebbe così diffuso nel mondo. Si è tenuto a Vicenza, alla Biblioteca Internazionale La Vigna, un incontro tecnico fra l’associazione AIKAL di Venezia e Veneto Agricoltura. Il presidente del comitato scientifico della Biblioteca Internazionale La Vigna Danilo Gasparini e Giustino Mezzalira vicepresidente della Biblioteca, hanno aperto l’incontro dedicato a valutare una proposta sul legame antico fra la Serenissima Repubblica di Venezia e quel vino denominato “malvagia o marvasiae” diventato un grande vitigno diffuso in tutta Europa, oggi coltivato in 30 località sparse nel mondo, di cui 17 in Italia. Il gruppo di lavoro, composto anche da Ettore Bonalberti e da Mario Guadalupi di AIKAL e da Michele Giannini e Stefano Soligo per Veneto Agricoltura, ha proposto di organizzare per l’autunno un seminario di carattere internazionale sulla Malvasia, sottolineando il valore agri-culturale dell’iniziativa, atteso che la storia-cultura della Marvasiae-Malvasia è molto particolare, ha segnato per oltre 500 anni la vita e l’economia della Repubblica di Venezia.
Senza la Serenissima oggi il vitigno e il vino Malvasia non esisterebbero. Venezia, è stato detto dai presenti all’unanimità, può assumere il titolo di simbolo-emblema per raccontare il mondo produttivo dei vini “malvasiae”. Ettore Bonalberti ha presentato il progetto diviso in tre momenti: il seminario aperto, uno sviluppo etnografico scientifico del vitigno e vino “Malvasia”, l’ importanza di un evento fisso che coinvolga la produzione dell’intero bacino mediterraneo. E’ stato condiviso che il progetto, duraturo, abbia una formula scientifica e divulgativa insieme con la città di Venezia quale punto di riferimento in base alla storia. Si è accennato anche alle nuove figure dei viti-cultori del terzo millennio in considerazione dell’ attualità e delle diverse prospettive generazionali. Oggi in Veneto sono solo 73 gli ettari coltivati con viti di Malvasia, ha detto Stefano Soligo.
Giampietro Comolli, ex produttore di Malvasia, presidente del centro analitico CevesUni e dell’osservatorio economico Ovse, membro del comitato scientifico di AIKAL, ha illustrato la provenienza del vino originario, la identificazione scientifica dei diversi vitigni sparsi nel mondo e, la peculiarità, nell’essere uno delle cultivar che più si è adattata e mutata naturalmente nei millenni di coltivazione, portando con se caratteri solidi della Vitis Vinifera che non vanno persi, proprio con la ricerca della resistenza.
Venezia e la Repubblica sono stati il baricentro della conoscenza e della diffusione del vino Malvasia nel mondo. Un vino di pregio a un costo molto superiore ad altri, talmente noto da dare nome a calli e alle esclusive botteghe “malvagie” veneziane. Un vitigno derivante dalla grande famiglia viticola dei “muskat”, riconosciuto ampelograficamente e denominato in diverse varietà solo agli inizi dell’’800. Comolli lancia l’idea di un premio “Venezia” dell’eno-concorso internazionale delle Malvasie e la realizzazione di una “Vigna Urbana”, identitaria come hanno già altre metropoli turistiche internazionali. La Regione Veneto, già attivata e fortemente interessata al progetto, può assumere il ruolo strategico nazionale per un “nomen vitis” legato alla storia millenaria della Serenissima di tutela della Vitis Vinifera come patrimonio di tutti, di incentivazione della presenza proattiva agricola in aree difficili disagiate al servizio di tutta la collettività anche di fondovalle e di pianura, presidio proattivo verso cambi climatici e situazioni ambientali difficili, prendendo spunto da un grande vino di Venezia diventato il nome di un vitigno che coinvolge 17 distretti nazionali in quasi tutte le regioni italiane… e nelle terre che furono parti importanti della Repubblica, come la Croazia e la Slovenia.
Questi in sintesi le opinioni e i consensi espressi nella tavola rotonda di Vicenza. Quindi si prevede un programma che vada oltre il seminario in un’ ottica di tutela e di riconoscimento dell’”icona” ampelografica ed enologica che il vino, prima, il vitigno poi ha avuto per millenni di storia vitivinicola dell’intero Mediterraneo.
La Biblioteca La Vigna può essere partner fondamentale in quanto da 40 anni promuove studi, ricerche, convegni su temi di agricoltura, di cultura e civiltà della viticoltura, di alimentazione e gastronomia, oltre a possedere una delle biblioteche al mondo più ricche con oltre 60.000 volumi, classificati e consultabili da ricercatori, derivanti da fondi privati e pubblici. Svolge anche azioni di ricerca etnografica, sociologica e storica collegata ai cicli della viticoltura-viticultura italiana e non solo che, diversamente, rischierebbero di scomparire.