Per capire cosa sarà il Natale 2022, nel mondo delle bollicine, occorre fare un passo indietro, anzi due. Partiamo quindi dal 2020: secondo lockdown (dopo il primo della primavera), festività saltate, incontri cancellati. Arriviamo al 2021: terza ondata di Covid, cene aziendali riprogrammate ma perlopiù mancate (il picco dei contagi arrivò poco prima del Natale), brindisi in tono minore. In sostanza, la stagione natalizia in arrivo sarà la prima
a regime (quasi) normale da due anni a questa parte, con quel che ne deriva in termini previsionali, tutti orientati verso il boom di richieste.
Dai pareri raccolti nel mondo della distribuzione, emerge un aspetto: il vero problema sarà la disponibilità di bottiglie e non la domanda. Le incognite sono diverse, a partire dalla reazione
del consumatore ai prezzi mediamente molto più elevati delle bottiglie, fino al potere di spesa che già inizia a diminuire sotto i colpi delle bollette, ma in generale le aspettative appaiono
più che confortanti. E questo vale soprattutto per il canale Horeca. Ma anche il Natale in casa, nonostante tutto, promette bene, soprattutto se il confronto riguarda i volumi del 2019. Peraltro,
questa volta, la Grande distribuzione metterà il freno a mano sulle promozioni perché non ha bisogno di svendere le giacenze, proprio perché mancano le scorte e quindi l’obiettivo è valorizzare l’offerta per aumentare gli incassi e tenere alta la marginalità.
Grande distribuzione al riparo dalla crisi
“La stagione si preannuncia molto interessante”, commenta Lorenzo Cafissi, responsabile vino Italia di Carrefour. “Mentre a dicembre 2021 – aggiunge – avevamo registrato andamenti molto altalenanti a causa della stagione emergenziale, quest’anno la situazione è diversa. I punti interrogativi non mancano, ma le opportunità superano i rischi, a partire dal fatto che finalmente nel 2023 si festeggerà il Capodanno e ci sarà un ritorno alle situazioni conviviali. Di conseguenza, il vero punto di domanda è la disponibilità di prodotto. A mancare è soprattutto il metodo classico italiano e francese”. La naturale conseguenza di una situazione simile, caratterizzata da una carenza d’offerta e una domanda attesa piuttosto consistente (“Nonostante tutto, non credo che in Italia qualcuno rinuncerà alla bollicina di Natale”, precisa Cafissi), è che le promozioni saranno meno spinte rispetto al passato. Lo spumante rappresenta forse l’eccezione rispetto alla regola della flessione dei consumi di vino in Gdo? Su questo, il responsabile di Carrefour offre una lettura meno drammatica dei
dati 2022, in flessione del 6,9% in Gdo secondo NielsenIQ. “Il confronto con il 2021 è fuorviante, perché lo scorso anno c’è stata una crescita fortissima e fuori da ogni logica. Guardando invece
al 2019, pur con la riduzione dei volumi in atto, il dato di consumo attuale è superiore. E mi aspetto un 2023 in lieve aumento, a conferma di una curva tendenzialmente in salita a prescindere
dal risultato straordinario del ‘21”. In Carrefour, lo spumante appare ormai come un prodotto quasi totalmente destagionalizzato, per quanto gli ultimi due mesi dell’anno generino il 40% del fatturato complessivo nella categoria sparkling wines. Tra le denominazioni continua a dominare il mondo Prosecco, mentre all’interno del metodo classico si nota un forte riconoscimento del consumatore verso la Franciacorta: se un tempo erano i suoi marchi privati, Berlucchi in primis, ha rappresentare il fattore attrattivo del prodotto, oggi il consumatore della Grande distribuzione sa riconoscere anche il brand del territorio. In generale, l’unica nota dolente è quella legata allo spumante dolce: “Il suo consumo continua a essere ancorato alle festività, ma i volumi tendono a diminuire per un fatto culturale perché oggi, anche per accompagnare il panettone, si preferisce una bollicina brut o extra dry. La categoria di prodotto è in evidente difficoltà”, commenta Cafissi.
Tra i trend in evidenza c’è l’allargamento regionale delle referenze sparkling che per Carrefour rappresenterà, anche in futuro, un aspetto strategico dell’offerta: “Avvieremo accordi con i Consorzi di tutela per raccontare i territori italiani dello spumante, cercando di comunicare al consumatore i luoghi dove nasce il vino, le loro
specificità, le differenze rispetto ad altre zone di produzione. Queste azioni, condotte assieme agli stakeholder, saranno importanti per una nuova modalità di promozione all’interno del nostro canale, superando la tradizionale leva del prezzo.
Il vino non è un prodotto di basso costo e perciò deve essere raccontato nella maniera giusta, perché così si giustifica il suo valore elevato”. Più scetticismo, infine, per la categoria delle bollicine bio: “Più cresce la consapevolezza del consumatore verso il mondo del vino, più il biologico viene considerato un’etichetta di marketing. Nel food ha più appeal, nel vino non riesce a fare la
differenza, suscitando a volte anche qualche diffidenza”, conclude.
Grossista a caccia di scorte
Tra i grossisti legati al canale Horeca prevale l’ottimismo. La ristorazione sta per chiudere un
2022 in forte ripresa e finalmente il mese di dicembre
dovrebbe essere all’altezza dei risultati del passato. “Prevedo un incremento di almeno il 25-30%, con un forte ricorso
della ristorazione a prodotti di denominazioni quali Franciacorta e Alta Langa come alternativa allo Champagne, che non si trova”, afferma Livio Brutto, amministratore di Vinicola Mauri, società specializzata nella distribuzione in Lombardia ovest, basso Piemonte e nella parte occidentale dell’Emilia. Tra i big nazionali del comparto distributivo c’è Doreca, primo distributore indipendente italiano al servizio del fuoricasa, il cui general manager Luca De Siero stima un aumento compreso tra il 30 e 40% rispetto al 2021.
“I trend attuali ci fanno pensare che confermeremo, nel periodo natalizio, i valori del 2019 che rappresenta il nostro anno di riferimento”, ha dichiarato De Siero. Da Vinicola Mauri si evidenzia che il fuori casa continua a performare molto bene, anche dopo il boom estivo: “Probabilmente il risultato negativo della Grande distribuzione è la conseguenza di un maggior orientamento
del consumo al di fuori delle mura domestiche”, aggiunge Brutto, precisando che il segmento di maggior crescita per la sua azienda è la bollicina di primo prezzo, utilizzata per la miscelazione e
quindi per lo spritz. A prescindere dall’entry level, in Vinicola Mauri è sempre il Prosecco a fare la parte del leone. Tra i metodi classici domina il Franciacorta, sale di quota l’Alta Langa mentre
per il Trentodoc la situazione è di difficile lettura perché, precisa Brutto: “I grandi marchi della denominazione trentina hanno una distribuzione diretta e a noi restano i brand meno conosciuti”.
Per gli Champagne, oltre alla difficoltà di reperimento, pesa l’aumento dei prezzi: “Sono quasi raddoppiati rispetto a prima della pandemia”. L’analisi di De Siero, invece, evidenzia un periodo autunnale abbastanza difficile per la distribuzione legata all’Horeca, che però non pregiudica il risultato atteso a fine anno. “Gli spumanti sono la categoria di prodotto a maggior spinta, assieme agli alcolici per gli aperitivi, e quella che ha risposto meglio agli aumenti di prezzo in atto”, commenta il general manager di Doreca, realtà diffusa in tutto il territorio nazionale e che ha basato la propria strategia in chiave multichannel tra delivery, e-commerce e negozio fisico. Per quest’azienda, la denominazione in maggior crescita è il Franciacorta, a conferma della strategia premium che Doreca ha posto alla base della propria azione nel mercato: “Stiamo progressivamente uscendo dalla fascia di primo prezzo, che non risponde più alle nostre esigenze”. Tra i trend dello sparkling italiano emergono con decisione gli spumanti da vitigni autoctoni. Rispetto al prodotto bio, De Siero ha una visione molto più positiva di quella manifestata da Carrefour: “Parliamo di una quota ancora abbastanza contenuta rispetto al totale di mercato, ma la
curva è in crescita costante e moderata, il che mi fa pensare che non sia una questione di moda perché in quei casi ci troviamo di fronte a boom improvvisi e destinati poi a svanire. Il bio è invece un cambio di stile in atto tra i clienti finali”. In termini strategici, Vinicola Mauri manifesta il proprio interesse a lanciare la spumantistica metodo classico che oggi è considerata come
emergente, in primis Alta Langa e Pinot nero dell’Oltrepò pavese, con una successiva e graduale integrazione delle principali
interpretazioni regionali delle bollicine, allargando perciò la geografia italiana in suo possesso.
La fascia alta consolida le posizioni
Pietro Pellegrini, presidente di Pellegrini Spa, conferma che il Natale sarà un periodo difficile per chi vuole brindare a Champagne. L’azienda bergamasca di importazione e distribuzione ha presentato a Modena Champagne Experience l’ottava etichetta a catalogo, Veuve Fourny & Fils,
ma questo non è bastato per aumentare le scorte a disposizione. “Purtroppo, o per fortuna, abbiamo esaurito quasi tutti gli Champagne del nostro catalogo, ma abbiamo ottime proposte
di spumanti italiani e non solo”, commenta Pellegrini, evidenziando risultati positivi per tutto l’ambito del vino. “Operiamo in una fascia alta di prodotto, solitamente meno soggetta a ripercussioni anche in momenti come quello che
stiamo passando. Diciamo che stiamo attraversando un periodo di riallineamento verso tempi di normalità rispetto al forte rimbalzo visto dopo la pandemia”, aggiunge l’imprenditore bergamasco. Al di là delle bollicine francesi, trainate per Pellegrini dai marchi Jacquesson, Agrapart e Pouillon, le denominazioni migliori del momento sono considerate per l’Italia, in ordine geografico partendo da ovest: Alta Langa, Franciacorta e Trentodoc. In evidenza anche la Spagna grazie a Gramona, un produttore che ha scelto di andare “oltre” la denominazione Cava trainandone altri nel progetto Corpinnat. Tra i trend, Pellegrini evidenzia il buon momento degli spumanti poco dosati se non con dosaggio zero e, anche se non può essere rilevante per questioni di quantità disponibili, di spumanti metodo classico con lunga
permanenza sui lieviti in bottiglia. “È interessante anche la crescita di spumanti prodotti con il metodo cosiddetto ancestrale” aggiunge. Oggi la Pellegrini riesce a spalmare le vendite di bollicine durante tutto l’anno e non subisce importanti
concentrazioni d’acquisto nel periodo natalizio. In prospettiva, l’azienda punterà “esclusivamente su progetti agricoli fortemente identitari della zona di origine”.
Si amplia la geografia produttiva
Per Meregalli, gruppo leader nella distribuzione di wine & spirits, lo spumante è la tipologia di prodotto più performante. Corrado Mapelli, direttore generale del gruppo e membro del board, evidenzia le ottime performance delle denominazioni più importanti, da Champagne a Franciacorta, da Trentodoc ad Alta Langa, ma anche Cremant, Oltrepò e Prosecco. E conferma
che “oggi la difficoltà è avere prodotto in grado di soddisfare la domanda. Per il Natale siamo ottimisti. Vediamo una crescita rispetto al 2021, simile percentualmente a quella dello scorso anno per quanto riguardo la linea Premium (vini e spumanti), più modesta invece per le altre referenze”. Il dg di Meregalli aggiunge: “Non si nota ancora un rallentamento evidente nelle vendite. Notiamo però un anticipo sugli acquisti, forse
proprio per evitare gli aumenti”. Un altro aspetto che emerge è l’orientamento del consumatore verso aziende etiche, prodotti
sostenibili e da agricoltura biologica. “Il consumatore – prosegue Mapelli – è certamente più attento e le marche certe ovvero quelle che giustificano l’acquisto oggi restano quelle più premiate dal consumatore. Questo vale sia per i vini che per gli spumanti. La sempre maggiore consapevolezza del consumatore evidenzia
anche una sempre maggiore domanda di vecchie annate per i prodotti premium”. Meregalli continuerà a investire negli spumanti. “È sicuramente la categoria di prodotto
che oggi presenta più opportunità. I grandi metodi classici si possono trovare trasversalmente in tutta Italia, dall’Etna al Trentino e cercheremo di dare più spazio e attenzione anche a queste eccellenze del nostro territorio” conclude Mapelli.
Eataly: meno vendite in cantina, boom alla mescita
“Prevediamo di riuscire a ripetere i risultati del Natale
dello scorso anno che per Eataly è stato un anno record”, afferma Andrea Cantamessa, global beverage category manager della società fondata da Oscar Farinetti e che nel 2021 aveva registrato la vendita di 60.000 bottiglie in circa 45 giorni, tra metà novembre e fine dicembre. Finora, il 2022 delle bollicine di Eataly è stato positivo nel confronto con il 2019, che viene considerato il vero punto di riferimento perché il dato 2021, come testimoniato da altri player del mercato, non può costituire un termine di
paragone. “Se consideriamo il dato al 30 ottobre 2022 e lo confrontiamo con lo stesso periodo del 2019, le bollicine hanno realizzato il 22% in più. Il leggero calo della vendita in cantina è più che compensato dalla grande ripresa dei loro consumi nei nostri ristoranti: +61% per le bottiglie e +47% per il by the glass rispetto a pari periodo dell’anno precedente”, precisa Cantamessa.
Nella distinzione per denominazioni, in Eataly si nota che: “La Franciacorta è a oggi la zona di produzione preferita e le bollicine Alta Langa hanno il maggior incremento percentuale sulle
vendite. Vanno molto bene anche gli Champagne di piccoli vigneron, i Récoltant Manipulant, che sono spesso sinonimo di assoluta eccellenza. Oltre a questo, è molto significativa l’attenzione dei nostri clienti al progetto di approfondimento e racconto che, in occasione della recente apertura di Eataly
Londra e poi di Verona, abbiamo dedicato alle ‘Rive’ della
denominazione Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore”.
La fascia di prezzo che prevale nel fine anno è quella che
va da 25 ai 35 euro, soffrono di gli Charmat che si attestano
intorno ai 10 euro. In termini di tendenza, si registra molta
curiosità sugli ancestrali e/o rifermentati in bottiglia: “Sono
prodotti che, se ben selezionati, derivano da un approccio
produttivo e da una sensibilità marcata verso la via naturale. Oltre a questo, avendo una gradazione alcolica moderata
e non essendo troppo corposi, sono vini trasversali che si prestano per essere un piacevole compagno in svariate occasioni di consumo”, commenta Cantamessa. Un altro trend
evidente è quello del consumo destagionalizzato. “Solo lo
scorso anno siamo passati da un 34% di peso delle vendite del
periodo di fine anno ad un 29%, dato che conferma l’incidenza
delle vendite di bollicine in periodi lontani dal Natale. In questo, le opportunità fornite dalla nostra ristorazione rappresentano un traino molto significativo” spiega il manager di Eataly. In termini strategici, la società con sede a Torino pone il focus su eterogeneità e profondità di gamma. “Oggi contiamo circa 500 diverse etichette di bollicine, ma continuiamo a fare ricerca per confermare la nostra attenzione verso i nuovi prodotti, verso l’evoluzione gastronomica e quindi del gusto.
Il fine anno sarà per noi un periodo importante per mettere in risalto i grandi formati che, soprattutto nelle bollicine,
permettono di esaltarne i profumi, l’espressività, il carattere
e, grazie alla cessione graduale dell’ossigeno, supportano un
affinamento ideale a vantaggio della finezza”.
Signorvino apre allo Champagne
Per Signorvino, calcolando soltanto il mese di dicembre, le aspettative sono di un +30% sul 2021. Un dato che conferma il buon andamento dei consumi generali di vino per la società del
gruppo Calzedonia. “Abbiamo avuto incremento importante sulla vendita d’asporto del vino dalla fine del 1° semestre raggiungendo da settembre un +20% medio sul 2019”, afferma Luca Pizzighella, general manager di Signorvino. Il quale aggiunge: “Adesso, con novembre e dicembre, affronteremo due mesi molto importanti per il retail, considerando che nel mese di dicembre
l’asporto del vino incide un 40% sull’intero business”. Tra le tipologie di spumante più in auge per Signorvino compare il metodo classico, con un focus particolare per Franciacorta e Trentodoc. Intanto continua il trend positivo del Prosecco e
c’è una novità significativa per la più prestigiosa delle denominazioni internazionali: “Dal 28 ottobre abbiamo inserito anche una trentina di referenze di Champagne, che vanno incontro alle esigenze di un nuovo target di clienti”, sottolinea
Pizzighella. Il prezzo medio per l’asporto in Signorvino è di 15 euro circa, ma si nota un incremento delle vendite nella fascia dei vini per tutti i giorni (sotto i 10 euro). “Ovviamente questo è
condizionato sia dal periodo dell’anno che dalla tipologia di negozio (centro città o outlet/centro commerciale). Novembre e dicembre porteranno sicuramente a un incremento delle vendite dei vini premium per le grandi occasioni”, precisa. Riguardo i vini bio, si nota “una costante ricerca per andare incontro ai clienti che sono attenti a queste caratteristiche, infatti in negozio abbiamo una sezione dedicata a queste referenze”. Un altro aspetto evidenziato in Signorvino è la ricerca di pezzi unici e di etichette da collezione. In prospettiva, Pizzighella evidenzia l’importanza
della categoria bollicine: “Oggi rappresenta circa il 30% delle nostre vendite complessive e continueremo la ricerca di nuove etichette e piccoli produttori in Trentodoc, Franciacorta e Oltrepò
pavese”.
Ristorazione verso il tutto esaurito
Passando alla ristorazione “pura”, le attese sono al limite dell’eccitazione dopo due anni di “no show” a causa della pandemia. A testimoniarlo è un big come Obicà, marchio di fascia premium presente con 21 locali tra l’Italia (sette insegne)
e il resto del mondo. “Avvertiamo già forte nella nostra clientela la voglia di celebrare le feste. Una riprova è il numero di prenotazioni per eventi natalizi, soprattutto aziendali, che abbiamo già ricevuto negli ultimi due mesi, in particolare a Londra, dove le prenotazioni di questo tipo di eventi iniziano già a settembre”, racconta il ceo del gruppo, Davide Di Lorenzo. “Il consumo di bollicine va di pari passo con il desiderio di
festeggiare, per cui ci aspettiamo un incremento delle vendite in linea con gli anni pre-pandemia, se non addirittura maggiore: nel 2019, ad esempio, c’è stato un incremento del 15% tra novembre e dicembre”, aggiunge. Tra le denominazioni in auge compare il Valdobbiadene Prosecco Docg, per la clientela italiana e anche per quella straniera. “Negli ultimi anni il pubblico italiano si è spostato anche verso il Franciacorta, ma al momento il Prosecco Docg
rimane la tipologia più venduta”, precisa Di Lorenzo. Questo orientamento del consumatore determina un posizionamento medio del prezzo di vendita, focalizzato sulla bollicina di nordest:
“Sicuramente il giro di vendite della fascia alta rappresentata da noi, per esempio, da Bellavista Riserva Vittorio Moretti, è più limitato, ma è importante offrire proposte di questa fascia per i
clienti che vogliono completare la loro esperienza nei nostri ristoranti con vini di primissima qualità”, sottolinea il
ceo di Obicà, evidenziando come nei ristoranti del gruppo sia stato
ampliato lo spazio del Franciacorta come “migliore rappresentante delle bollicine italiane”. Al di là delle performance natalizie,
in Obicà le bollicine hanno una vendita costante: “Vanno bene
sia per l’aperitivo, sia in abbinamento con le nostre proposte del
Mozzarella Bar, ma anche con le pizze”. In prospettiva, Obicà ha
fissato gli obiettivi: “Vogliamo offrire ai clienti proposte di qualità, sia lato food che lato beverage. Continueremo su questa linea
anche per le bollicine, mantenendo comunque una carta abbastanza limitata a 5/6 referenze, in una lista vini che, contando anche bianchi, rossi e rosé, conta complessivamente 30/32 referenze”, conclude Di Lorenzo.
Enoteche, patto con i piccoli produttori
Infine, ecco la testimonianza di un’enoteca di riferimento per la
città di Padova e per il nordest in generale. Si tratta de La Moscheta, in attività dal 1980 in corso Milano, fondata da Michelangelo Salmaso con la moglie Francesca Magro, oggi gestita dal figlio Emanuele Salmaso. “Il trend è fortemente dettato dalle bollicine di fascia medio/alta. Da noi si nota un calo del consumo di quelle più standard, a partire dal Prosecco perché, a livello di potere di spesa, la classe sociale più colpita è proprio
quella che beve la bolla più facile”, racconta il titolare de La Moscheta. Questo momento riflessivo della bollicina entry level (per gli standard dell’enoteca padovana) non sembra tuttavia
preoccupare Salmaso, il quale però conferma la difficoltà nel reperimento del prodotto di fascia top. “Il rischio è trovarsi una diminuzione di fatturato per l’impossibilità di reperire Champagne
o Franciacorta. Noi dovremmo essere al riparo da questo rischio, perché abbiamo la forza di spingere il cliente verso brand alternativi e verso denominazioni in grado di soddisfare la sua richiesta”. Tra le tipologie della spumantistica, Salmaso dice che “è il momento del dosaggio zero, un po’ ovunque in Italia. All’estero la situazione è un po’ diversa, perché gli appassionati di bollicina amano sentire la mano dell’enologo e quindi prediligono il brut”.
Tra le denominazioni, brilla la stella del Trentodoc, mentre si nota (tra i clienti dell’enoteca padovana) una certa difficoltà del Franciacorta. “Un altro aspetto significativo è la riscoperta dei
territori tradizionali del metodo classico, dall’Oltrepò all’Alta Langa”, rimarca Salmaso. Oltre al dosaggio zero, la clientela padovana e veneta mostra una fortissima attenzione verso il prodotto con una lunga permanenza sui lieviti, ben oltre i 40 mesi. I punti di riferimento come uvaggio restano sempre Chardonnay e Pinot nero, il biologico ha una sua clientela, la biodinamica è sostanzialmente irrilevante. E il consumo, grazie
all’aperitivo, è costante per tutto l’arco dell’anno. Strategie future? “Abbiamo scelto di premiare i piccoli produttori, diventando anche importatori di tre aziende di Champagne. Continueremo a sviluppare partnership di questo tipo, per ricercare non solo il business ma anche il rapporto umano con le persone che operano nelle aziende, e sosterremo sempre chi fa qualità e volumi limitati”, conclude Salmaso.
Andrea Guolo