Vinophila 3D Wine Expo - L' Expo per Vino, Birra e Bevande Alcoliche

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Nella comunicazione del vino stiamo sbagliando tutto.

Lorenzo Biscontin

Titolo forte, lo so.

Avrei potuto mettere un punto di domanda alla fine, oppure cominciare l’articolo dicendo che si tratta di una provocazione, per alleggerire il messaggio.

Invece lo lascio così, nella sua nuda crudezza.

L’unica cosa che posso aggiungere per renderlo meno drammatico è che stiamo sbagliando tutto per attirare e coinvolgere nuovi consumatori e/o consumatori occasionali, mentre la comunicazione attuale funziona ancora per gli attuali appassionati (che sono oggi i responsabili della gran parte dei consumi).

I dati provenienti dai mercati sono incontestabili.

Il problema è che negli ultimi mesi la comunicazione del vino si è rinnovata, almeno nelle intenzioni, proprio per affrontare il forte calo dei consumi e rivolgersi ai non consumatori o consumatori sporadici. Persone che, in generale, appartengono alla Gen Z ed ai Millenials.

Segmentando invece per comportamento di consumo, così da contestualizzare meglio la suddivisione demografica, concordo con Rob McMillan quando nel Silicon Valley Bank – State of the US Wine Industry Report di due anni fa indicava con il target più importante per fronteggiare il calo di consumi di vino chi consumava abitualmente alcolici, ma non vino.

Quali valori sta comunicando il settore per conquistare queste persone?

Sia alcune (lodevoli) recenti campagne di comunicazione collettiva che molte istituzioni ed aziende basano la difesa (e già questo è un termine che indica una posizione di svantaggio) del vino su tre valori chiave:

  1. Storia/tradizione.
  2. Convivialità.
  3. Rilevanza socioeconomica.

Proviamo ad analizzarli uno ad uno.

Storia/tradizione  

Si tratta di valori sostanzialmente opposti all’atteggiamento delle fasce più giovani della popolazione che hanno, per definizione (e per fortuna), una visione rivolta più al futuro che al passato. Tanto che spesso con i loro comportamenti di consumo vogliono affermare la loro differenza e distanza dalle generazioni più vecchie.

Aggiungiamo che si tratta di persone nate e cresciute in un contesto globalizzato anche dal punto di vista alimentare e che gastronomico e che stanno mostrando comportamenti estremamente poliedrici ed inattesi dal punto di vista del cibo e bevande.

Un esempio su tutti il sorpasso di Dr. Pepper su Pepsi Cola nel mercato americano delle bevande gassate legato al fatto che la prima rappresenta una marca (e sapore) di nicchia rispetto alla seconda e ad abbinamenti gastronomici inusuali, rapidamente diffusisi attraverso i social networks (Tik Tok in primis).

Convivialità

Chiunque operi nel settore del vino sa che la percezione da parte dei consumatori più giovani è di un settore escludente e snob.

O come ha scritto Nate Westfall, professionista californiano che lavora nell’applicazione dell’innovazione tecnologica ed dell’analisi dei dati nel settore vinicolo, su Medium “… entrando ad una degustazione mi sento come se fossi di nuovo un bambino che entra in una stanza dove gli adulti stanno chiacchierando, solo per essere guardato male finchè non mi sento così a disagio che me ne vado”.

Ancora “La mancanza di presenza negli spazi fisici e digitali dove si ritrovano le persone giovani rappresenta il secondo fattore per cui il vino non c’entra l’obiettivo”. (N.d.A. Il primo era il costo).

Ovvero, per i consumatori giovani il vino è di fatto anti-conviviale, o, sempre citando Westfall, “it’s giving unwelcome”.

Per far tornare il vino ad essere effettivamente conviviale per tutti vanno cambiati i comportamenti, non basta semplicemente dire “venite a bere un bicchiere insieme”.

Attenzione anche quando questo si realizzerà non costituirà né un elemento differenziante né un vantaggio competitivo rispetto alle altre bevande alcoliche, che sono sostanzialmente tutte consumate in contesti ed occasioni sociali (per brevità non entro in quelle analcoliche come tè e caffè).

Rilevanza socieconomica

Ovvero l’importanza del settore vitivinicolo per l’occupazione di un grandissimo numero di persone.

Vero.

Solo che lo stesso si può dire per moltissimi altri settori dal tabacco, alle scommesse, per non parlare dell’industria dei combustibili fossili.

Se la World Health Organization dice che il consumo del vino fa male perché contiene alcol è inutile rispondere con la sua importanza economica (anche perchè la replica sarà che i costi sociali legati al consumo sono superiori).

Ma davvero è possibile che tutto un settore stia sbagliando? E come mai?

Non solo è possibile, ma la letteratura di marketing è piena di simili casi di “miopia di marketing”.

La ragione per cui succede è che i valori descritti sopra, soprattutto i primi due, sono quelli che hanno funzionato negli ultimi trent’anni.

(a dire il vero hanno funzionato negli ultimi trent’anni nei paesi di nuovo consumo, mentre i consumi hanno continuato a calare in Francia ed Italia, per non parlare del crollo verticale della Cina negli ultimi 7 anni).

Inoltre sono anche i valori per cui gli attuali opinion leaders e consumatori si sono appassionati al vino.

Quindi sia l’abitudine che la passione rendono difficile cambiare punto di vista.

Difficile, però improcrastinabile.

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Vinophila 3D Wine Expo - Il metaverso per Vino, Birra e Bevande Alcoliche

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