Recentemente la giornalista economica Anna Di Martino ha pubblicato l’atteso aggiornamento annuale della classifica delle principali cantine italiane, relativa al 2020.
Si tratta di un appuntamento fondamentale per capire la situazione del settore viti-vinicolo italiano attraverso i dati dei bilanci delle cantine più importanti per dimensione.
La classifica del 2020 comprende 106 cantine, partendo da Cantine Riunite & Civ al primo posto con un fatturato di 581,3 milioni di euro e finendo con le Tenute Ambrogio e Giovanni Folonari con 8,6 milioni di euro.
Le nuove entrate sono due: la Famiglia Dal Bianco al 61° posto e Terre Cortesi Moncaro al 63°.
Da notare che questa classifica vede ancora separati i bilanci di grandi cantine che recentemente sono state protagoniste di fusioni ed acquisizioni rilevanti nel panorama del settore viti-vinicolo italiano e che cambieranno lo scenario del 2021. Mi riferisco alla fusione in un unico gruppo di Casa Vinicola Botter Carlo & C. e Mondo del Vino Group ed all’acquisizione da parte di Italian Wine Brands di Enoitalia.
Nel primo caso si viene a creare un gruppo con un fatturato aggregato nel 2020 di 347,5 milioni, mentre nel secondo il fatturato aggregato è di 405,1 milioni.
Queste operazioni di concentrazione hanno riguardato quindi cantine già grandi, all’interno di un settore che si conferma frammentato non solo per l’enorme numero di produttori (oltre 310.000 aziende vitivinicole e 45.600 aziende di vinificazione secondo i dati di Federvini) ma anche per la medio-piccola dimensione che li caratterizza, considerato che solo 21 nel 2020 hanno superato i 100 milioni di euro di fatturato.
Sul suo sito Anna Di Martino fa già un’ampia analisi della classifica, che vi consiglio vivamente di andare a leggere perché illuminante di diverse tendenze del settore vitivinicolo.
Qui di seguito io riporto i risultati di alcuni approfondimenti che ho effettuato sulla base della mia conoscenza ed esperienza sul settore ed applicando il semplice strumento dell’analisi di correlazione ad alcuni indicatori di bilancio.
La classifica comprende sia cooperative che aziende a capitale privato; nell’analisi che segue queste due tipologie sono state analizzate in due gruppi separati soprattutto perché alcuni classici indici di bilancio come l’ebitda e l’ebit sono poco significativi per le cooperative, dove la remunerazione dei conferimenti dei soci viene contabilmente conteggiata nel costo della materia prima.
Oltre agli indicatori riportati da Anna Di Martino, per le cantine private è stato calcolato il prezzo medio dividendo il fatturato per il numero di bottiglie. Questo implica l’assunzione che tutto il fatturato provenga dal vino imbottigliato. Sicuramente si tratta di una approssimazione, che però verosimilmente non si discosta troppo dalla realtà.
La medesima assunzione non è invece stata fatta per le cantine cooperative, dove tipicamente il peso delle vendite di vino sfuso sul fatturato è rilevante, se non prevalente.
Fatte queste doverose precisazioni metodologiche, passiamo all’analisi vera e propria.
2020: tutto sommato un buon anno per il vino italiano
Nel 2020 il fatturato delle più grandi cantine italiane è calato complessivamente del -3,22%, con un -10,24% per le vendite sul mercato nazionale e +2,48% per quelle sui mercati esteri.
Le cooperative nel complesso hanno fatto meglio delle cantine private: -0,7% rispetto a -5,3%.
Anche in quest’anno travagliato le cantine hanno continuato ad investire per consolidare il proprio futuro con le cooperative che presentavano in totale investimenti pari al 3,9% del fatturato, mentre i privati raggiungevano il 5,3%.
La propensione all’export: generatore di fatturato
Sui dati della classifica ho condotto alcune semplici analisi di correlazione lineare tra diversi indicatori (ricordo che la correlazione di per sé indica solamente se esiste un legame lineare tra le due variabili, ma NON la direzione di quel legame, ovvero la causalità del rapporto, che deriva invece da mie valutazioni basate sulla conoscenza ed esperienza del settore).
Per le cantine cooperative si riscontra una media correlazione positiva tra il fatturato assoluto e la quota % di vendite realizzate all’estero, con un valore di 0,56.
Stessa correlazione positiva si nota anche per le cantine private, ma più ridotta, visto che il valore è di 0,39.
Fatturato però non significa necessariamente utile, infatti la correlazione tra fatturato ed ebitda % è piuttosto debole (0,20) ed è sostanzialmente inesistente quella tra ebidta % e quota di export sul totale fatturato.
Nulla anche la correlazione tra Prezzo Medio a bottiglia sia con la quota di export che con il fatturato assoluto.
Questa assenza di correlazione costituisce in realtà un’informazione importante, perché indica come non esista un modello univoco che leghi le politiche di prezzo allo sviluppo o meno delle esportazioni e del fatturato totale.
Ancora più interessante il risultato della correlazione tra il Prezzo Medio a bottiglia e l’ebitda %: 0,70. Quindi la capacità dell’azienda di creare reddito è fortemente e direttamente legata al crescere del prezzo medio.
Un risultato all’apparenza ovvio, ma che indica come il prezzo medio più alto, presumibilmente legato alla maggior qualità dei vini, generi un plusvalore rispetto ai maggiori costi necessari per produrre quel livello qualitativo.
Ovvero come la una marca basata, costruita e sviluppata su un posizionamento forte e coerente sia in grado di generare utile.
Indicazione confermata anche dall’elenco delle cantine private con prezzo medio sopra i 10 euro a bottiglia.
Chi sono i campioni del prezzo?
Le cantine private con un prezzo medio superiore a 10 euro a bottiglia presenti in classifica sono 5 e di queste 3 sono dei cosiddetti “oulier”, ovvero aziende che uniscono il prezzo alto a volumi di vendita altrettanto elevati.
Si tratta infatti di Marchesi Antinori, con un prezzo medio di 10,73 euro/btg, Marchesi Frescobaldi, prezzo medio 10,64 ed il Gruppo Lunelli (che comprende lo spumante Ferrari) con 10,49.
Completano questo club esclusivo, pur trovandosi in posizioni più basse della classifica in termini di fatturato assoluto, Guido Berlucchi con 10,49 euro/btg di prezzo medio e Tenuta San Guido con 34,18 euro di media a bottiglia.